Sul passato un dibattito sterile

di Carla

Le proteste di Blacklivesmatter# hanno preso in Italia la singolare piega di un referendum pro/contro il defunto Indro Montanelli e in particolare pro/contro il monumento che Milano gli ha dedicato.
Constatato che è stato raggiunto l’obiettivo, già centrato più volte in passato, di provincializzare (ed estremizzare) qualunque tema; precisato che, personalmente, non ho mai amato Montanelli, pur grandissimo giornalista, né quando era un’icona della destra né quando, del tutto accidentalmente e forse inopinatamente, è diventato un eroe della sinistra, resta, per me almeno, l’interrogativo sull’utilità e la natura intrinseca dei monumenti.
Perché, è chiaro, non esistono monumenti “innocenti”. Tutti, dai più antichi a quelli inaugurati ieri, nascono da scelte, da punti di vista, da valori condivisi in un certo periodo storico (ma non necessariamente in quello successivo). Tutti, davvero.

Cosa avrebbero pensato i cristianissimi e cattolicissimi inquisitori dell’idea di ricostruire lo storico faro scozzese di Fife come monumento alle vittime dei processi alle streghe durante il XVI e il XVIII secolo? Forse, circa quello che avranno potuto pensare, parlandone come da vivi, del monumento eretto a Giordano Bruno a Campo de’ Fiori, a Roma, nel luogo esatto dove fu messo sul rogo. E quante pregevoli statue dell’antichità classica sono state distrutte o sfigurate dallo zelo “talebano” dei cristiani che volevano distruggere gli idoli?
Cosa ne penserebbero gli onesti mercanti portoghesi, olandesi, francesi, inglesi che da Gorée, in Senegal, nota allora, senza ombra di ironia come  “l’isola gioiosa” e oggi diventata l’isola degli schiavi, facevano partire i loro carichi di esseri umani verso le Americhe, delle visite guidate che oggi mettono a confronto le luminose verande delle loro opulente ville coloniali con i sotterranei angusti e bui da cui i più deboli uscivano già mezzi morti prima ancora della traversata?
E quanto sangue, di martiri cristiani o di “semplici” gladiatori e schiavi è stato versato tra le mura di un’icona del turismo globale come il Colosseo per offrire alla folla entusiasta spettacoli che oggi apparterrebbero alla categoria degli snuff movie?
Ma soprattutto quanti eroi, antichi e meno antichi reggerebbero oggi all’esame obiettivo del loro operato? Non Giulio Cesare, guerrafondaio in patria e all’estero, forse nemmeno Napoleone, “l’incomparabile maestro dell’arte della guerra” che nacque rivoluzionario e si fece imperatore.
Cambiando settore, cosa pensare di Pablo Picasso, artista geniale e per di più politicamente corretto che nel 1927, a 45 anni, sposato e padre di un bambino di 6 anni, inizia una relazione con una ragazzina di 17 anni, Marie-Thérèse Walter, la prosegue per anni conducendo una perfetta doppia vita e quando la moglie legittima e legittimamente offesa dal tradimento, chiede il divorzio glielo nega per meri motivi finanziari (non vuole cederle la metà dei suoi beni).
Ma si dirà che Picasso viene celebrato come pittore e artista, non come marito; e questo a ben vedere vale per la stragrande maggioranza delle celebrità, siano scultori, musicisti, cantanti o stilisti. Tanto grandi quanto a volte discutibili.
Insomma, fermo restando tutto lo squallore del “matrimonio” coloniale di Montanelli, pochi si salvano, umanamente. E può valere, beninteso, il contrario. Himmler, per dire, era un marito devoto e un padre affettuoso.
Forse più che concentrarsi con il senno del poi sull’opera impossibile di emendare il passato, per sua natura immodificabile, a nostra immagine e somiglianza varrebbe la pena di impegnarsi nel presente, che è tutto ciò che abbiamo, per migliorarlo nella speranza del futuro.