Nazisti della grammatica e altri fenomeni del web
Chi non l’ha mai fatto? Con i conoscenti casuali su Facebook, o con il/la corteggiator* molest* su Whatsapp, o a corto di argomenti e presi in contropiede durante una qualsiasi polemica su Twittter, la tentazione di diventare “nazisti della grammatica” è lì a portata di mano. Zitt* tu, che scrivi ho senza l’acca, tu che ignori l’uso del congiuntivo, ecc. Ma è corretto, è bello e giusto farlo? Se nella vita quotidiana si esita a riprendere amici e parenti per paura di passare per pedanti e odiosi, online sembra essere quasi tutto permesso. Il vezzo, che ovviamente non rende popolarissimi, si chiama language (o grammar) police – Sprachpolizei (polizia della lingua) per i tedeschi – e indica appunto l’abitudine di criticare e correggere errori grammaticali od ortografici, meglio se in modo scortese e con un di più di disprezzo.Una variante include i puristi che non sopportano di sentire chiamare “CEO” l’amministratore delegato, che sviluppano l’orticaria a setire menzionare la “deadline” e discettano all’infiinto di“sindaca” e “ministra”.
Ora Babbel, una piattaforma online per lo studio delle lingue dedica al fenomeno un’analisi dal punto di vista linguistico e glottodidattico per capire se e quando è il caso di intervenire e quando è più carino glissare. All’amletico dubbio: “Correggere o non correggere?” Rita Santoyo Venegas, esperta di didattica di Babbel risponde così: “Ignorare del tutto le regole grammaticali e l’importanza dello scrivere correttamente sarebbe sbagliato. Tuttavia, come regola generale sarebbe opportuno astenersi dal correggere gli altri, soprattutto quando l’errore non pregiudica il senso del messaggio” . Insomma, se si capisce va bene. Particolarmente infelice e maleducato, poi, farlo quando una persona sta condividendo un’esperienza personale ed emotiva, oppure durante un dibattito serio. Online infatti capita spesso che qualcuno rifiuti totalmente o sminuisca un’opinione sgradita rimproverando un errore grammaticale, senza minimamente argomentare nel merito.
“Bisognerebbe chiedersi se la credibilità di una persona dipenda davvero dalle competenze grammaticali e ortografiche e se un errore non possa essere causato da una distrazione o dalla fretta” continua Rita Santoyo Venegas. Se non altro, se proprio non si può fare a meno di correggere, bisognerebbe usare un minimo di tatto. Che online è merce rara.
E con i bambini? Correggere si deve e si può, verrebbe da rispondere, ma se stanno imparando a parlare, o studiano una seconda lingua, gli esperti suggeriscono un approccio indiretto ovvero la ripetizione della stessa frase in maniera corretta.
Detto tutto questo, come sempre paese che vai usanza che trovi. In Brasile, dove la gentilezza è uno stile di vita, correggere gli errori altrui è considerato terribilmente snob e sgarbato, salvo che si tratti di celebrità e politici. In Spagna invece è considerato accettabile, specialmente quando si tratta di comunicazione scritta ed è infatti molto comune. Anche i tedeschi, come gli italiani, si dimostrano paladini della correttezza della lingua, in particolare online, così come i francesi che non sopportano proprio chi storpia la loro lingua. I britannici evitano di correggere: al limite non capiscono, o ostentano di non capire.
Ma, nazisti della grammatica o meno, le lingue evolvono inevitabilmente verso una semplificazione: sia in Francia che nel Regno Unito si pensa a una riforma della lingua perché sia più in linea con la pronuncia e quindi più semplice da apprendere. Nei Paesi anglofoni si vagheggia un nuovo sistema ortografico, il Traditional Spelling Revised (TSR) che vedrebbe cambiare il 18% delle parole inglesi (luv al posto di love, rong al posto di wrong e così via). In Francia invece la riforma è stata approvata già nel 1990, anche se è diventata effettiva solo dal 2016. Ad esempio l’ortografia di “oignon” (cipolla) è da qualche anno diventata “ognon”, dato che la “i” non si pronuncia. Queste modifiche hanno scatenato un acceso scontro tra i puristi e non, come dimostra la popolarità della campagna #JeSuisCirconflexe (#IoSonoCirconflesso) contro l’eliminazione dell’accento circonflesso nella lingua francese.