Creta. La sinagoga di Etz-Hayyim ad Hania

di Carla

La sinagoga di Etz-Hayyim (L’Albero della Vita) è nascosta nel gomitolo di stradine tra le vie Kondylaki e Skoufon, nel centro storico di Hania, in quello che fino al 20 maggio 1944 era il cuore della comunità ebraica cretese.
La comunità non c’è più da tempo: il 9 giugno 1944 i nazisti misero fine a 2300 anni di presenza ebraica a Creta deportando uomini, donne, vecchi e bambini strappati dalle loro abitazioni nel cuore della notte. Erano poche centinaia di persone ed erano destinati ad Aschwitz, ma non vi arrivarono mai: la Tanais, la nave che li trasportava verso il Pireo, fu colpita e affondata da un sottomarino britannico.
Smembrato il quartiere, occupate le abitazioni, la sinagoga quattrocentesca sopravvissuta come casa per quattro famiglie greche, poi ridotta a un rudere, e nuovamente provata da un terremoto, è rimasta abbandonata fino al 1994, quando è rinata e, dopo un restauro attento e filologico, nel 1999 è stata riaperta a una insolita e comsopolita comunità di fedeli.
Il merito della sua rinascita è di Nikos Stavroulakis, poliedrico orientalista americano di origini cretesi ed ebraiche, fondatore e direttore del Museo ebraico di Grecia, che dal 1994 dedicò la vita a restituire alla vita e al culto l’edificio, interpretando molteplici ruoli: artefice del restauro, responsabile delle iniziative a ll’occorrenza officiante delle cerimonie. Il piccolo museo di Etz-Hayyim è pieno della sua presenza e, a due anni dalla sua morte, nel 2017, un gruppo di collaboratori ne conserva la memoria e prosegue le attività.
Oggi la singolare comunità ebraica d’elezione, l’havurah, il circolo di amici, formatosi nel tempo attorno a Stavroulakis conta (pochi) ebrei insieme a cristiani, musulmani, atei di ogni paese e vanta sostenitori di prestigio.
Sotto la guida di un gruppo internazionale di responsabili, infatti, la sinagoga è diventata un centro culturale ed espositivo e accoglie studiosi internazionali e ricercatori di storia ebraica e greca.
Ma è anche un luogo di culto consacrato dove funziona l’antico mikveh, il bagno rituale, alimentato dalle acque delle vicine Montagne bianche, e le funzioni si tengono regolarmente secondo il rito sefardita, unica deroga alla tradizione locale, che era romaniota, e cioè greca.
I suoi giovani custodi raccontano orgogliosi di aver ospitato anche qualche matrimonio e le targhe sparse qua e là dimostrano come, dopo la perplessità iniziale (una sinagoga senza ebrei?, dicevano), la comunità internazionale si sia mobilitata per l’ultima sinagoga cretese, dal World Monuments Fund, al Consiglio centrale delle Comunità Ebraiche in Grecia fino alle donazioni private da Rothschild, Lauder, Rosenberg, Rose e altri.

Ma non sono tutte rose e fiori: nella sua nuova vita Etz-Hayyim ha già dovuto sperimentare l’antisemitismo: nel gennaio 2010 qualcuno appiccò il fuoco, distruggendo arredi, libri e materiali. Un incidente sepolto nell’oblio, mai indagato che dimostra tuttavia come, anche oggi, la rinascita degli ebrei cretesi possa essere a rischio.
Il sito (http://www.etz-hayyim-hania.org/)