In tv Covid superstar, ma non per tutti: gli esclusi

di Carla

Il dubbio sulle dinamiche dell’informazione ai tempi del coronavirus era già sorto. Sotto diversi punti di vista. Vuoi per il girotondo dei virologi in tv, o per la predominanza assoluta del tema su qualsiasi altro argomento, o per quella visione dei “congiunti” in stile famiglia del Mulino bianco, che ignorava qualsiasi vincolo affettivo non “legale”. Il Diversity Media Report – Special edition COVID-19 ora ci leva ogni dubbio. Chi è stato lasciato indietro? I soliti. Nell’ordine: donne, anziani, bambini, e bambine, etnie, persone LGBT+
Quelli che Diversity e l’Osservatorio di Pavia definiscono i grandi esclusi dell’informazione emergono dall’analisi di 15.156 notizie passate nei 7 principali TG italiani da gennaio ad aprile 2020, parametrate su istanze e problematiche delle 5 aree individuate: Generazioni; Generi; Disabilità; Etnia; LGBT+.


Della quasi esclusiva attenzione riservata al virus rispetto a qualsiasi altra tematica testimoniano le 8.209 notizie (54%) dedicate al Covid19, “veicolando principalmente un’informazione di tipo emergenziale”. Ovvero l’informazione si è concentrata sugli aspetti medico-sanitari, su notizie di servizio sui “numeri” della pandemia, sulle conseguenze sulla popolazione in termini di limitazioni e restrizioni e, solo negli ultimi due mesi, anche sugli aspetti economici dell’emergenza.
Quindi grande risalto, ma non per tutti. Delle 8209 notizie dedicate al Covid-19, infatti, ben l’85,4% non ha riguardato le 5 aree della diversity oggetto della ricerca. Queste ultime sono presenti solo in 1199 notizie (pari al 14,6%) a tema Covid-19 con percentuali che penalizzano in modo particolare le donne (106 notizie, 1,3%), i disabili (32 notizie, 0,4%), le etnie (280 notizie, 3,4%), le persone LGBT+ (3 notizie, 0,04%). Un’attenzione maggiore è stata data alle generazioni (778 notizie, 9,5%) di cui il 55,0% soprattutto per dare conto della chiusura delle scuole) e il 46,9% per raccontare la grande vulnerabilità al virus degli anziani e la malagestione socio-sanitaria dell’emergenza.
E c’è di più. I risultati mostrano anche che l’attenzione per le 5 “diversity” all’interno degli 8.209 servizi sul Covid-19 è stata addirittura più bassa (-2,5%) rispetto a quella che hanno ottenuto nell’agenda complessiva dello stesso periodo (15.156 notizie totali). L’attenzione nei loro confronti, prosegue il rapporto, si è ridotta anche rispetto all’informazione ordinaria del 2019, con diminuzioni drastiche in particolare per le categorie dei giovani e bambini (-35,5% rispetto al 2019); donne (-6,5%); persone di etnie diverse (-5,9%), dato quest’ultimo che cambia solo ad aprile, quando riprende l’attenzione sui fenomeni migratori, che nel 2019 aveva monopolizzato l’informazione ordinaria, declinata in questo periodo in questione di gestione della quarantena per gli immigrati nei porti italiani.
Fa eccezione solo la generazione anziani che ha visto un significativo innalzamento dell’attenzione rispetto all’informazione ordinaria del 2019 (+35,1%): un’attenzione che tuttavia si concentra prevalentemente ad aprile con i servizi dedicati a contagi, decessi e inchieste che hanno interessato le RSA.
Un mondo di stereotipi, anche. Il rapporto evidenzia che le donne iniziano a fare notizia a gennaio, essendo fra le prime sospettate di aver contratto il coronavirus con due casi, uno a Parma e uno a Bari, di donne ricoverate per accertamenti dopo il rientro da Wuhan. Febbraio è il mese in cui un team di ricercatrici dell’Istituto Spallanzani di Roma ha isolato il virus e, grazie a questa scoperta, tre donne professioniste riescono a superare la soglia di notiziabilità dei Tg. Anche le storie e il ruolo delle numerose mediche e infermiere “in prima linea” vengono valorizzate da qualche servizio, taluno al traino del messaggio di ringraziamento del Presidente Mattarella in occasione della Giornata internazionale delle donne. Fra marzo e aprile, si registra anche un piccolo ciclo di buone notizie su gravidanze o parti non complicati dal coronavirus. Sono buone notizie, che probabilmente hanno un intento rassicurante, ma che implicitamente indicano il privilegio accordato dai media a una visione dell’universo femminile tradizionale, correlato alla maternità. In generale, manca un’attenzione specifica sulle lavoratrici, in particolare sulle condizioni di lavoro, non troppo agile, per le donne che dall’inizio del lockdown si sono trovate a dover gestire in molti casi lavoro a casa, lavoro di casa, lavoro di cura ed eventuale supporto alla didattica online di figli/e in età scolare.
Peggio va alla comunità LGBT+: che già al termine dell’iter parlamentare per l’approvazione della legge Cirinnà aveva registrato un crollo di attenzione mediatica, e che è praticamente assente dall’emergenza Covid-19, con solo 3 notizie dedicate (pari allo 0,04% del totale notizie Covid-19). Una notizia leggera sulle passerelle di moda a Parigi, che in piena emergenza Covid-19, vede sfilare abiti gender-fluid, e solo 2 notizie che mettono in luce il problema della definizione di “congiunti”, circoscritta a persone “con rapporti affettivi stabili”, contenuta nel DPCM di avvio della Fase 2.
Sono dati, commentano gli autori della ricerca: “che risultano particolarmente significativi se consideriamo che si tratta di interi gruppi sociali, le cui condizioni hanno un impatto notevole sulla popolazione nel complesso e che sono anche quelli che sono stati colpiti in modo più duro dall’emergenza, che ha prepotentemente messo in luce e aumentato fratture e disagi sociali, aggravando temi come il digital divide, il gender gap e le discriminazioni sulla base dell’età, dell’etnia, delle disabilità e delle condizioni socio-economiche”.
In conclusione: “Per quattro mesi l’emergenza sanitaria ha monopolizzato l’agenda mediatica, rendendo di fatto invisibili interi gruppi sociali e le loro difficoltà. Non si è parlato dello straordinario sforzo delle donne, in particolare delle lavoratrici, divise tra lavoro “agile”, lavoro di cura e supporto alla didattica a distanza, ; si è parlato della chiusura delle scuole ma non dell’impatto che questa ha avuto sulla vita dei bambini; si è parlato dei decessi degli anziani ma non del loro isolamento durante la quarantena; si è parlato dei cinesi in quanto portatori del virus, ma pochissimo dei problemi delle minoranze etniche nel nostro Paese; nessuna attenzione è stata data alle persone disabili e alle loro care-giver mentre le tematiche LGBT+ sono praticamente scomparse”.
“Oggi – dichiara Francesca Vecchioni, Presidente di Diversity – dobbiamo assolutamente recuperare questo racconto ‘dimenticato’: aver reso invisibili tutte queste persone significa non considerare delle ferite che se non vengono affrontate non ci permetteranno di ripartire. La responsabilità dell’informazione è proprio quella di aprire i nostri occhi sulla realtà e con questo evento ci immaginiamo che le tutte le persone non siano considerate un problema, bensì un grande potenziale.”
Qui il rapporto integrale